THE LAST OF US 1X04 RECENSIONE: GROSSO GUAIO A KANSAS CITY

Dopo un clamoroso terzo episodio, la serie HBO torna sul percorso principale e si concentra sulla tappa successiva del viaggio di Joel ed Ellie

La settimana appena trascorsa è stata semplicemente trionfale per The Last of Us: il terzo episodio della serie in esclusiva su Sky e NOW (qui la nostra recensione di The Last of Us 1×03) ha completamente stravolto il pubblico mondiale segnando un altro record di ascolti per la storia di Bill e Frank. Lo show targato HBO torna quindi con un quarto episodio che mette rapidamente da parte la delicatezza per irrompere nella mente degli spettatori con il pathos della narrazione principale.

Il viaggio di Joel ed Ellie riprende così, tra cenni interessanti e peripezie sempre maggiori, concentrando la propria attenzione sull’alternanza tra rapporti che crescono e altri che si spezzano in un mondo alla deriva. Neil Druckmann e Craig Mazin confezionano quello che a tutti gli effetti rappresenta un micro-arco narrativo, questa volta strettamente legato ad alcune delle vicende raccontate nel videogioco – pur integrato e approfondito ove occorre, senza paura di modificare alcuni particolari o sviluppi per favorire la resa a schermo.

Dal viaggio alla fuga

Preso atto della situazione riguardo Bill e Frank a Lincoln, Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey) proseguono il loro viaggio verso il Wyoming in cerca di Tommy (Gabriel Luna). Passando tra autostrade abbandonate e ruderi desolati, il rapporto tra i due comincia a mostrare i primi tentativi di intesa: piccoli spiragli, frammenti fugaci in cui due anime tormentate si avvicinano con estrema cautela, cercando di non inciampare nel conflitto. Dal viaggio in pick-up all’arrivo verso Kansas City, le preoccupazioni dei protagonisti riemergeranno in un racconto che torna a parlare di sopravvivenza e morale.

L’episodio diretto da Jeremy Webb non spicca certo per particolari scelte registiche, ma si fa perfettamente funzionale alle bellissime strutture dialogiche degli script: l’alternanza di sviluppi interpersonali, scenari minuziosamente curati e rimandi all’opera di riferimento esalta l’opera grazie alla maestria degli showrunner. Il racconto acquisisce così un pathos completamente diverso, più immersivo e costante nel tenere alta la tensione – cosa che appare evidente anche per gli stessi protagonisti.

Il pericolo si fa principale protagonista di una puntata vessata dal conflitto tra etica e personalità, introducendo alcuni personaggi interessanti in un contesto opprimente in cui l’esasperato senso di comunità rischia di far prevalere la barbarie alla ragione. Non a caso, i colori preponderanti sono via via più spenti man mano che i confini della morale si fanno più nebbiosi: in un mondo ostile, brutalità e istinto rivelano con estrema carica emotiva i punti di forza di un breve arco narrativo intenso come pochi altri.

Pur ponendo il desiderio (classicamente umano) di pace al di sotto della prospettiva di un futuro per sé, è attraverso l’idea della motivazione che ogni carattere emerge nella propria profondità, offrendo uno sguardo a tutto tondo delle terribili dinamiche di un universo che sempre più si trova sull’orlo del collasso e che spinge chi osserva a mettere in discussione la propria idea di giustizia di fronte a eventi impensabili.

Sopravvivere

Mantenendo una sorprendente coerenza non soltanto nell’estetica, ma soprattutto nell’ideologia dietro ogni sequenza narrata, il racconto di The Last of Us sembra raccogliere tutto il livore preservato lo scorso episodio per lasciarlo libero di mietere vittime di sangue e di genio. Una costante minaccia per i personaggi che si alternano a schermo, un’ombra silenziosa che scava in fondo all’animo umano per prendere le redini della coscienza e condurla verso l’oblio.

Druckmann e Mazin mostrano con rinnovata temerarietà l’intenzione di raccontare l’umanità post-apocalittica attraverso più punti di vista, sfruttando al meglio l’imponente mole produttiva messa a propria disposizione.

Davanti allo spettro della morte, il senso di comunità può davvero prevalere? Forse neppure gli autori ne sono tanto convinti, al punto da mostrare con precisione maniacale ragionamenti e considerazioni libere dagli stilemi classici del genere. Il cuore della puntata, grazie alle magistrali interpretazioni dei protagonisti, permette di enfatizzare la crudeltà di un reale in cui il singolo ottiene la possibilità di porsi al di sopra degli altri, ma accudisce al contempo la delicata speranza di un mondo in cui l’altruismo possa ancora valere qualcosa attraverso il sacrificio. Quello di The Last of Us è un mondo buio in cui ci si perde facilmente, ma nel quale non bisogna mai smettere di cercare quegli sparuti spiragli di luce. Al perfetto equilibrio di temi ed eventi si alterna la totale assenza di equilibrio morale, con atmosfere incredibilmente avvolgenti che fanno da specchio a personalità ciniche totalmente estranianti.

Gli showrunner compiono un lavoro egregio nel concedere il giusto spazio che permetta allo spettatore di “vivere” lo strazio, obbligandolo a cercare come in assenza d’ossigeno della pura genuinità (o serenità) dove regna l’indifferenza. La sensazione di nichilismo entra nelle ossa, gelida e pungente, riavvicinando all’orrore con metodi che si sentono direttamente addosso; eppure, come già notato in altri episodi, la serie permette a chi osserva di restare a galla con occasionali momenti di quell’umanità che scalda il cuore e rinfranca lo spirito.

Ombre sul percorso

Il quarto episodio di The Last of Us riesce, attraverso un’eccellente gestione del ritmo, a elevarsi al di sopra della media per quanto riguarda la tensione generale. Lo show targato HBO riporta in scena ambienti caratterizzanti del mondo infettato dal Cordyceps, ma riesce persino a confermarsi puntata dopo puntata come prodotto di punta dell’attuale stagione televisiva. Pensando di trovarsi davanti all’adattamento di un’opera videoludica, il confronto lascia ancora a bocca aperta per resa generale e approccio migliorativo in sede di scrittura.

Anche se non tutti i comprimari riescono a creare lo stesso impatto sul pubblico, con alcuni interpreti che non possono tenere il passo rispetto ai volti di punta dello show, HBO si getta a capofitto in un mini-arco intenso e coeso. Una storia, come dimostreranno anche i prossimi episodi, che terrà incollati allo schermo dall’inizio alla fine. Anche in una prospettiva palesemente preparatoria, The Last of Us riesce dove altri hanno fallito e porta il proprio dialogo su vette elevatissime.