Asti, ai domiciliari con la suocera aggredisce carabiniere per farsi arrestare: “Meglio il carcere”

È finito in carcere dopo essere evaso dai domiciliari e aver aggredito un carabiniere in caserma, l’uomo di
52 anni di Asti che ha così raggiunto il proprio obiettivo: lasciare la casa dove stava scontando la condanna
penale, in compagnia della suocera. Ai carabinieri prima e al giudice dopo, l’uomo ha confessato di non
sopportare la donna e di aver fatto di tutto per farsi arrestare: “Meglio il carcere”, avrebbe confessato ai
militari.
È una storia surreale quella che giunge da Asti e che ha portato all’arresto di un uomo, già agli arresti
domiciliari per aggressione e resistenza dopo un’aggressione ai danni di un carabiniere all’interno della
caserma. Una vicenda come tante se non fosse per il fatto che a chiedere, e poi provocare, il suo arresto,
sia stato proprio l’uomo. Il motivo è semplice: il 52enne ha infatti confessato ai militari di non sopportare la
suocera che viveva con lui rendendo così impossibile la convivenza forzata causata proprio dagli arresti
domiciliari.
Prima dell’evasione dai domiciliari e dell’aggressione al carabiniere, l’uomo ha chiesto ai militari l’arresto
così da poter scontare la pena in carcere, lontano dalla tanto odiata suocera. I carabinieri di Asti gli hanno
però spiegato che non era possibile accettare la sua richiesta distruggendo le speranze dell’uomo di poter
lasciare quella casa. A quel punto il 52enne ha deciso di passare alle vie di fatto e, nel corso di uno dei vari
controlli di routine dei carabinieri, non si è fatto trovare in casa. A quel punto è scattata la caccia all’uomo
da parte delle forze dell’ordine terminata solo quando il 52enne si è presentato in caserma: “Adesso mi
potete arrestare”, avrebbe detto ai militari che però ancora una volta si sono rifiutati. L’uomo si è affidato a
un ultimo gesto disperato scagliandosi contro un militare che ha aggredito con calci e pugni, riuscendo
così a essere denunciato e poi arrestato per aggressione e resistenza, e anche le manette. È al giudice per
le indagini preliminari che ha esposto nuovamente la situazione spiegando le ragioni del suo
comportamento: in attesa del giudizio per direttissima, è stato portato “finalmente” in carcere.