Ucciso e sepolto 20 anni fa: ritrovati a Novara i resti di Mohamed Sow

Ucciso e sepolto 20 anni fa: ritrovati a Novara i resti di Mohamed Sow


Sono di Mohamed Sow, l’operaio senegalese scomparso il 16 maggio 2001, i resti umani trovati sette mesi

fa da un passante in un bosco tra Oleggio Castello e Gattico, nelle colline della provincia di Novara.

Sono di Mohamed Sow, l’operaio senegalese scomparso il 16 maggio 2001, i resti umani trovati sette mesi

fa da un passante in un bosco tra Oleggio Castello e Gattico, nelle colline della provincia di Novara. A

stabilirlo è stata la perizia ordinata dalla Procura di Verbania ed eseguita dagli esperti del laboratorio di

antropologia e odontologia forense dell’università degli Studi di Milano, diretto da Cristina Cattaneo,

confrontando le radiografie della testa eseguite al giovane nel 2000 dopo un incidente stradale con il

teschio recuperato lo scorso aprile. Il reperto dimostrerebbe che Sow venne ucciso da colpi in testa e poi

sepolto. La vicenda di Mohamed Sow rappresenta ancora uno dei casi irrisolti della storia giudiziaria

italiana.

Mohamed Sow era arrivato in Italia nel 1998, lavorava in un’azienda di pulitura metalli di proprietà di due

calabresi di Taurianova, Rocco Fedele e Domenico Rettura. Proprio su di loro si erano concentrati i sospetti

degli inquirenti dopo la scomparsa del giovane. Il pm di Verbania Fabrizio Argentieri li aveva accusati di

omicidio e occultamento di cadavere, ma dopo ben 7 processi, nel 2014 arrivò l’assoluzione in via

definitiva. Proprio il mancato ritrovamento del corpo  era stato decisivo per il mancato accoglimento

dell’impianto accusatorio della Procura, che sosteneva che i due imprenditori avessero ucciso il ragazzo

che si sarebbe reso protagonista di una protesta per il mancato rispetto degli accordi sulla sua

retribuzione.

Secondo gli inquirenti Rettura e Fedele avrebbero ucciso Sow e ne avrebbero fatto sparire il cadavere, che

tuttavia non era stato mai ritrovato, almeno fino a qualche mese fa. Il processo nei confronti dei due

calabresi non verrà comunque riaperto dopo l’assoluzione definitiva. Nel frattempo i due imprenditori

hanno chiuso l’azienda nel novarese e sono tornati in Calabria. Qui nel 2017 sono stati arrestati nell’ambito

di una maxi operazione contro la ‘ndrangheta e sono rimasti ristretti ai domiciliari fino a pochi mesi fa.