Shoah, la storia di Sergio:bimbo napoletano torturato da un dottore e impiccato dai nazisti

Non c’è mai fine all’aberrazione umana. Neanche di fronte all’innocenza di un bambino.

Sergio De Simone aveva appena sette anni quando qualcuno decise di

porre fine alla sua esistenza: assieme a lui, vennero assassinati altri

diciannove innocenti. La loro sola colpa era di essere di origini ebraiche e

per questo deportati nei campi di concentramento della Germania nazista. Sergio venne arrestato a Fiume la sera del 21 marzo 1944, su delazione, assieme alla madre, Gisella Perlow, alle due cuginette Anna e Tatiana Bucci, di sei e quattro anni, e ad altri quattro componenti della famiglia. Trasferiti alla Risiera di San Sabba poco fuori Trieste, unico campo di sterminio dotato di un forno crematorio che venne realizzato in Italia, una settimana dopo, 29 marzo, gli otto membri della famiglia vennero caricati su un treno merci, rinchiusi all’interno di vagoni piombati e trasferiti in Polonia, nel campo di Auschwitz, dove giunsero sei giorni più tardi.

Aveva appena 8 anni il piccolo Sergio De Simone, il bimbo di 8 anni del Vomero torturato e ucciso in un campo di concentramento nazista. Fu l’unico italiano tra i 20 selezionati come cavia per gli esperimenti medici compiuti dal dottor Kurt Heissmeyer nel campo di concentramento di Neuengamme.

Shoah, la storia di Sergio De Simone

Sergio nacque al Vomero nel 1937 da Eduardo De Simone, sottoufficiale della Marina Militare Italiana, e da Gisella Perlow, di origine ebraica. Durante la guerra, il papà e richiamato alle armi. La mamma si traserisce a Fiume con il figlioletto Sergio, per unirsi alla madre, ai fratelli e alle sorelle. Dopo l’8 settembre 1943, tuttavia, la zona di Fiume cade direttamente sotto la sovranità del Reich.

El’ inizio di un incubo, c’è un clima di terrore e le truppe naziste hanno lanciato la caccia agli ebrei. Si basano spesso su notizie di seconda mano o su indiscrezioni per catturare qualsiasi persona di origine ebraica da deportare nei campi. Il 21 marzo 1944, istruiti da un delatore, i tedeschi si presentano a casa Perlow e arrestatno otto componenti della famiglia inclusi Gisella, il piccolo Sergio (6 anni), e le cuginette Andra e Tatiana Bucci di 6 e 4 anni. Queste ultime sarebbero state le più piccole superstiti italiane del campo di sterminio di Auschwitz.

L’incubo del campo di concentramento e gli esperimenti sul corpicino di Sergio

La famiglia Perlow finisce nel campo di concentramento della Risiera di San Sabba

e da lì, il 29 marzo, parte per Auschwitz. Dopo sei lunghi giorni di viaggio il convoglio

T25 giunge a destinazione. La madre e il bambino superano la prima selezione e

Sergio è assegnato assieme alle cuginette nella “Baracca dei bambini”.

Nel novembre 1944 Sergio è scelto dal dottor Joseph Mengele tra i venti bambini (10 maschi e 10 femmine) da inviare al campo di concentramento di Neuengamme, per essere messi a disposizione come cavie umane per gli esperimenti sulla tubercolosi del dottor Kurt Heissmeyer. Il metodo di selezione è un gioco dell’orrore: ai piccoli viene rivolta una domanda semplice. “Chi vuole vedere la propria mamma?”. Chi faceva un passo avanti risultava selezionato.

Gli esperimenti sono atroci e si basavano sull’iniezione del bacillo tubercolare nell’organismo delle cavie. Sergio De Simone e gli altri 19 bambini, provenienti da Francia, Paesi Bassi, Jugoslavia, e Polonia, giunsero al campo di concentramento di Neuengamme il 29 novembre 1944, proprio il giorno del compimento del suo settimo anno. Per qualche settimana i bambini vissero un periodo di relativa tranquillità; per la riuscita dell’esperimento si richiedeva che essi fossero in buone condizioni di salute. Il 9 gennaio 1945, il dottor Kurt Heissmeyer decise che era giunto il momento di iniziare i suoi esperimenti: ai bambini furono inoculati a più riprese i bacilli tubercolari, causando la rapida diffusione della malattia.

Ai primi di marzo i bambini, ammalati e febbricitanti, vennero operati per asportare loro i linfonodi, localizzati nella zona ascellare, che secondo le teorie del medico avrebbero dovuto produrre gli anticorpi contro la tubercolosi. Di quel momento si è conservata una serie di venti fotografie, le quali mostrano, uno ad uno, ciascun bambino (incluso Sergio) rasato a zero, a torso nudo, con il braccio destro tenuto alzato a mostrare l’incisione dell’ascella. Ancora una volta gli esiti dell’esperimento furono negativi: le ghiandole linfatiche asportate vennero inviate al dottor Hans Klein, patologo della clinica di Hohenlychen, che il 12 marzo 1945 certificò a Heissmeyer che nessun anticorpo si era generato.

L’eccidio dei bambini

Gli alleati però erano ormai alle porte. A quel punto il comandante del campo Max Pauly si chiede cosa dovesse fare dei bambini. Da Berlino giunse l’ordine di non lasciare tracce di quanto fosse avvenuto e dei crimini commessi. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1945, qualche giorno prima della fine della guerra, Sergio e gli altri bambini furono trasferiti nella scuola amburghese di Bullenhuser Damm. A Sergio e agli altri bambini fu iniettata una dose di morfina e furono impiccati alle pareti della stanza. L’eccidio si concluse all’alba con l’uccisione di altri otto prigionieri russi. I cadaveri furono riportati nel campo di concentramento di Neuengamme e lì cremati. Oggi Sergio viene ricordato come una delle più giovani vittime della Shoah in Italia. Oggi, 27 gennaio, si ricorda anche lui.

www.elasticmedianews.it editor Nunzio Bellino