Primo trapianto di polmone da donatore vivo: da un papà al figlio di 5 anni affetto da malattia rara

L’intervento è stato eseguito all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Il bambino è affetto da una malattia rara, la prognosi resta riservata

Primo trapianto di polmone da donatore vivo: da un papà al figlio di 5 anni

Ospedale, sala operatoria, chirurgia, medico (Pixabay)Condividi

E’stato eseguito ieri, a Bergamo, il primo trapianto di polmone da paziente vivente in Italia. La sua storia è

davvero speciale: protagonista dell’intervento è un bambino di 5 anni e il donatore dell’organo è il suo papà.

L’operazione, durata 11 ore, è stata eseguita ieri, martedì 17 gennaio, all’ospedale Papa Giovanni XXIII.

Dopo avere donato al figlio il midollo per curare la talassemia che affligge il piccolo fin dalla nascita, il papà

ha scelto di privarsi di una parte di polmone per salvare la vita al bambino. “Si tratta di un caso molto raro,

con pochissimi precedenti in Europa”, sottolineano dall’Asst bergamasca. 

Il bambino – spiega una nota dell’ospedale  – soffre di talassemia o anemia mediterranea, una malattia del

sangue che ha reso appunto necessario un trapianto di midollo, eseguito in un altro ospedale italiano. La

donazione del midollo dal padre, con conseguente trasferimento del sistema immunitario del genitore al

figlio, ha però prodotto la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease,

GvHd), una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico. In sintesi, le

cellule del donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente perché il nuovo sistema immunitario non

li riconosce come propri. Una forma di rigetto che ha causato al bimbo un danno estremamente grave e

irreversibile alla funzionalità polmonare, tanto da richiedere il trapianto di polmone

Padre e figlio restano ricoverati e la loro prognosi è ancora riservata. I medici si dicono però “fiduciosi sul decorso post  operatorio, anche perché in questo caso il rischio di rigetto, particolarmente elevato per il trapianto di polmone da cadavere, è molto basso quando il sistema immunitario riconosce il nuovo organo come proprio”. 

“L’estrema rarità di questi casi, e i limiti tecnici del trapianto da  vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione – precisa Michele Colledan, direttore del Dipartimento Insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3, trapianti addominali dell’Asst Papa Giovanni  XXIII – Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi,  non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti, in grado di contribuire efficacemente all’abbattimento delle liste  d’attesa. L’intervento segna comunque per il nostro ospedale una tappa importante in un percorso di crescita dell’attività trapiantologica quasi quarantennale”.