Ostia, picchiata dalla famiglia perché non vuole il velo: ragazza denuncia ai carabinieri

Ostia, picchiata dalla famiglia perché non vuole il velo: ragazza denuncia ai carabinieri

Un’altra storia di non-integrazione, dolorosa, di coercizione e sopraffazione. Arriva da Ostia, dove un’adolescente di 14 anni, originaria del Bangladesh, si è presentata presso la locale caserma dei carabinieri per denunciare di aver subito maltrattamenti in famiglia per il suo rifiuto ad indossare il velo. La sua colpa, quindi, “vivere all’occidentale”, come troppe in troppi altri casi simili in giro per la Penisola. La giovane, ora, è ospite di una struttura protetta, dove riceverà anche il dovuto sostegno psicologico. Una nuova ferita aperta che riporta allo spaccato, spesso invisibile, delle immigrate di seconda generazione,  spesso costrette a subire gli effetti più nefasti dell’applicazione domestica del fondamentalismo religioso. E prova l’impossibile il Presidente dell’Unione Comunità Islamiche d’Italia, contattato da LaPresse, che invita a non “islamizzare le notizie”.

Questa vicenda si incardina purtroppo negli effetti della presenza musulmana nel nostro Paese, che dà luogo ad una varietà di cronaca. Alcune vicende finiscono in dramma (come quella di Saman Abbas, 18 enne di origine pakistana scomparsa dalla zona dell’emiliano qualche mese fa). Altre si perdono nei labirinti dietro le mura domestiche. E’ il caso di quelle bambine che vengono sottratte agli studi, e relegate ad una vita di schiavitù familiare.

Ieri, il quadro politico ha ampiamente commentato la vicenda. La leader di Fratelli d’Italia ha osservato: “nel nostro Paese non c’è spazio per chi non è in grado di rispettare la nostra cultura e civiltà”. Da Forza Italia, la capogruppo al Senato Annamaria Bernini ha sottolineato: “Non si è percorsa la strada della giusta integrazione. Non si è fatto ancora il necessario perché le giovani donne islamiche si sentano veramente libere in un Paese democratico come l’Italia. Solidarietà è stata poi espressa dall’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Tace l’universo femminista, così solerte a mettere in piedi guerre puniche sul cambio della vocale alla fine dei nomi, a chiedere quote e parità. Ma altrettanto negligente quando si delinea pesantemente anche in Italia il contorno del fallimento del multiculturalismo.