Intervista a cura di Giuseppe Cossentino
Essere nel mondo è un’ontologica e mutevole relazione con la realtà. Il libro propone in tale senso un percorsonarrativo e analitico rivolto sia alla sfera intima che a quella sociale oggi contrassegnata da una crescente complessità.Segue due tracciati paralleli: uno poetico e autobiografico, l’altro teorico, intrecciati in maniera dialettica, anche sullabase dei punti di vista di circa cento esponenti del pensiero sociologico, psicologico, antropologico e filosofico contemporaneo. Ne scaturisce una visione dell’uomo e della realtà attuale tendenzialmente onnicomprensiva. Sullo sfondo vi è il fondamentale mistero dell’esistenza, fin dalla nascita all’origine di un insopprimibile stupore e del senso del bello: impulsi che animano la coscienza, intesa come anelito di vita e testimonianza del proprio tempo.
Un libro davvero particolare e interessante Le incerte vie dell’essere di Gaetano Scicchitano che ci ha rivelato come nasce l’idea di quest’opera editoriale e ci ha illustrato come è cambiata la società
umana dal suo punto di vista sociologico in modo attento e dettagliato. Ecco la nostra intervista.
“Le incerte vie dell’essere” da dove nasce l’idea dell’opera e di cosa tratta?
Essa nasce prima di tutto da una sfuggente inquietudine interiore, che attraverso gli studi, le riflessioni
e gli approfondimenti si è tramutata in esperienza letteraria creativa. Il libro è a carattere autobiografico,
quindi composto da descrizioni introspettive e poesie. Parallelamente è anche teorico: sociologico, psicologico,
antropologico e filosofico, poiché contempla il pensiero di circa cento esponenti di tali specifici campi. Gli spunti
autobiografici si presentano come specifico sguardo esplorativo, proteso a espandersi dal particolare al generale,
divenendo analisi teorica che, senza mai smettere di interrogarsi, intende contemplare l’intero creato.
L’inquietudine è essenzialmente la percezione intuitiva e quasi inconscia della complessità e delle
contraddizioni del mondo attuale. Si tratta di una condizione psicologica tipica della società industriale,
diffusasi sensibilmente dagli anni ’60 del secolo scorso in poi. Nel III capitolo racconto e analizzo appunto
la fase della contestazione giovanile che ha investito pienamente la mia generazione, con implicazioni anche
psicologiche. Nella nuova atmosfera di benessere e di libertà, si stava infatti sperimentando il progressivo
affrancarsi dalle più tradizionali limitazioni che riguardavano molto la sfera sessuale e non solo essa.
Più in generale, tali trasformazioni della personalità implicano una certa riformulazione dell’intimo
sentire emozionale e delle idee di ogni genere, considerando che la complessità artificiosa, caratteristica
del mondo contemporaneo, determina individualità sempre più spiccate. A tali processi è inoltre associata
l’accentuarsi delle incoerenze psicologiche e culturali, nei singoli e nelle collettività. La reazione a tale stato
dell’essere è lo sviluppo della coscienza, la quale tende spontaneamente verso una visione unitaria della realtà,
la stessa a lungo sostenuta dalle dottrine spirituali e dalla cultura umanistica. Tuttavia, nella realtà attuale essa
è in crisi soprattutto di fronte a un fenomeno tipico dei tempi attuali: l’immenso patrimonio di conoscenze che
oggi abbiamo a disposizione ha determinato una frammentazione culturale a carattere specialistico, soprattutto
nel campo tecnico-scientifico, con un’auto-limitazione dei punti di vista esistenziali. L’intento alla base de
“Le incerte vie dell’essere” è quindi un percorso di consapevolezza, anche reattivo a tale stato di cose.
Essa chiede di essere esplicitata attraverso l’uso sapiente della parola, e il libro ne rappresenta la forma compiuta.
Come è cambiata dal suo punto vista di sociologo la società di oggi e l’essere umano?
Le trasformazioni sociali, innescatesi dalla rivoluzione industriale del XIX secolo in poi, sono argomenti ormai
tipici della sociologia. Il fenomeno più rilevante è stato la frantumazione delle comunità tradizionali, proprie
dei centri abitati legati all’economia agricola, quindi delle vecchie classi sociali nettamente differenziate,
a favore della più libera e variegata classe borghese. I sensi di appartenenza dei singoli, non più rigidamente
definiti e limitati, sono pertanto divenuti anch’essi fluenti e articolati. Nello stesso tempo, l’emotività individuale,
in una certa qual misura modulata in ogni caso a livello inconscio, è stata progressivamente sminuita a favore
degli ordini mentali razionali e quindi anche in direzione delle strutture organizzative umane altrettanto razionali.
Mentre l’uomo del passato aveva una percezione abbastanza chiara dell’ambiente sociale nel quale viveva, nella
modernità l’individuo è divenuto sempre più ingranaggio relativamente inconsapevole di apparati complessi
e molteplici: industriali, tecnologici, burocratici e politici. Inoltre, con l’avvento della globalizzazione produttiva
ed economica è stato sminuito anche il ruolo delle nazioni: la sfera mondiale delle attività produttive, finanziarie,
dei servizi e del potere politico oggi è prevalente rispetto alle differenti autonomie e gestioni locali.
Nella fase postindustriale per l’individuo i riferimenti sono pertanto divenuti ancora più
fantomatici rispetto al periodo industriale. La relazione fra persone e ambiente sociale appare
però mutata in maniera ancora più sostanziale se si hanno come riferimento le culture più arcaiche,
soprattutto quelle tribali, nelle quali la coincidenza fra coscienze individuali e collettive era alquanto
accentuata, poiché le armonie naturali erano il riferimento principale per le une e le altre.
L’uomo moderno è quindi soggetto a processi di singolarità sempre più accentuati, allontanandosi
abbastanza dalla base psicologica istintiva e godendo nello stesso tempo di possibilità e capacità
di scelte sempre più ampie. L’autonomia di pensiero ha inoltre implicazioni abbastanza problematiche
rispetto ai ruoli predeterminati e al conformismo sociale: da quello più tradizionale alle forme più attuali,
legate soprattutto alle mode e ai condizionamenti mediatici. Una questione fondamentale per gli esseri umani
d’ogni tempo, e quindi per quelli odierni, verte comunque sui punti di vista etici e politici.
Una premessa importante in questo senso è che dall’ormai lontano avvento dell’agricoltura
la sopravvivenza umana è sempre dipesa da un lavoro specifico, e tale subordinazione
ha relegato grandi masse umane in una perenne condizione di dominio e sfruttamento
spesso indiscriminato. A un certo punto della storia furono le più importanti e antiche
dottrine spirituali a concepire i fondamenti etici per la realizzazione di una condizione
di relativa equità umana e sociale. I filosofi illuministi e poi i teorici marxisti ne teorizzarono
poi la messa in atto, per cui si avviarono in tale senso dei processi politici che videro i propri
limiti nel fallimento del socialismo reale e nel declinare della democrazia occidentale, negli ultimi decenni del XX secolo.
www.elasticmedianews.it editor Nunzio Bellino