Jonathan Bazzi aggredito a Rozzano: “L’hinterland milanese è fuori controllo, ma si fa finta di niente”

Jonathan Bazzi aggredito a Rozzano: “L’hinterland milanese è fuori controllo, ma si fa finta di niente”
In un’intervista a Fanpage.it lo scrittore Jonathan Bazzi racconta l’aggressione subita ieri a Rozzano: “Qui il disagio sociale ed economico prende forma nell’aggressività contro l’altro, clima violento e allerta perenne. Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno”

“Oggi siamo stati a Rozzano e, mentre passeggiavamo scattando delle foto, siamo stati aggrediti da un gruppo di ragazzini in monopattino”. Lo racconta Jonathan Bazzi, scrittore classe 1985 e da qualche anno giovane rivelazione della narrativa nazionale. Casa a Milano e origini a Rozzano. Si trova lì, nel paese dell’hinterland che l’ha visto crescere, insieme al regista del suo prossimo film tratto dal romanzo cult “Febbre” (i cui diritti sono stati acquistati dai produttori di SKAM Italia). È la mattina di sabato 17 dicembre. E in poco tempo diventa bersaglio di una vera e propria gang di ragazzini. “Da due sono diventati sei, sette, otto: dalla piazza del Comune ci hanno inseguito per una ventina di minuti”, racconta a Fanpage.it. “Ho avuto paura”.

Cosa è successo ieri? 

Ieri sono andato a Rozzano per fare un giro, perché quello che sarà regista di “Febbre” voleva fare un sopralluogo. Voleva vedere le strade, i palazzi dove sono cresciuto. Altre volte ci sono tornato in circostanze simili, con troupe o fotografi: telecamere e macchine fotografiche attirano sempre l’attenzione, c’è il passaparola, si avvisano tutti tra di loro. Un clima di allerta generale. Ma una cosa come quella di ieri non è mai successa.

La piazza del Comune è notoriamente una zona di spaccio. Una volta arrivati nella piazza due ragazzini, un maschio e una femmina intorno ai 14 anni, hanno visto noi e le nostre macchine fotografiche e via via hanno chiamato i rinforzi. Sei, sette, otto a seguirci, urlarci contro, tirarci le palle di neve e gli oggetti, tra cui lattine piene. Tutto questo per venti minuti. Ragazzini di età dai 13/14 ai 17/18 anni al massimo, adolescenti.

Come ti spieghi questa rappresaglia?

Forse pensavano fossimo giornalisti: ci sono stati dei servizi sullo spaccio di droga a Rozzano, in passato. Il mio ragazzo, quando li abbiamo seminati, ha detto: avrei anche reagito, ma in un posto come questo non puoi mai sapere. E nonostante il racconto che ne fanno le cronache, ha perfettamente ragione. Qui accoltellamenti, colpi di pistola che partono e aggressioni violente sono all’ordine del giorno.

Nel tuo post di denuncia hai scritto: “Mi sono sentito di nuovo quattordicenne”.

Già da adolescente ho cominciato a sentirmi molto meglio a Milano. Perché? Perché a Milano non esiste questa propensione nell’invadere e nell’aggredire le vite degli altri. Questa allerta perenne, questo clima violento, questa atmosfera pesante che si respira ogni secondo: si è sempre pronti allo scontro, a proiettare il disagio e le difficoltà contro l’altro. Questo considerare la strada come casa propria, e tutti gli altri come intrusi.

Non è cambiata nel tempo, quindi, Rozzano?

No, anzi. Mi sono successi incontri spiacevoli, aggressioni, ma il branco che segue e bracca mai. La sensazione è quella di essere in un territorio fuori controllo, abbandonato a sé stesso. Un territorio dove si crede di poter fare ciò che si vuole e di poter cacciare a proprio piacimento chi non è gradito: sono gli scenari che nell’immaginario comune appartengono a certi rioni e certe realtà del Sud, non alle porte di Milano. Eppure, c’è una negazione totale.

Infatti hai scritto anche: “La piaga di posti come Rozzano è il mancato rapporto con la realtà”.

È una cosa che unisce chi amministra posti come Rozzano e chi ci vive. La narrazione pubblica è “Rozzano è cambiata”, “non è più come negli anni Settanta”, e così via… ma non è vero. Qui il disagio sociale ed economico prende forma dello scontro contro l’altro, una cifra che resta ed è assolutamente pervasiva. In questo senso è un posto abbandonato a sé stesso, e negli anni si è lasciato che questa situazione si cementificasse. Si è creato un microcosmo, un mondo a sé: non c’è qualche delinquente, qualche situazione problematica. Sono tantissime. Un dato: Rozzano ha il più alto tasso di dispersione scolastica del Centro-Nord.

Perché le cose non cambiano?

Bisognerebbe prima ammettere la verità. A Rozzano c’è un problema di mancato rapporto con la verità, non si dicono mai le cose come stanno. Sia da parte di chi governa, visto che ammettere significa doversi impegnare a cambiare le cose, e magari o non lo si sa fare o non lo si vuole fare. Sia spesso da chi vive qui, che si sente appartenere a questo contesto. Un sentimento di inesorabilità che traccia una linea da chi vive in città e va a teatro, al ristorante o nelle librerie.

Rozzano è al centro della tua letteratura. 

Rozzano fa parte di me. Sono cresciuto lì, buona parte delle esperienze fondamentali della mia vita sono avvenute lì, è il posto della mia famiglia. Ma accanto a questo dentro di me ci sono ricordi traumatici, violenti, esperienze di aggressioni piccole o grandi.