Il mistero della morte di Francesco Pantaleo: ecco tutto quello che non torna

Francesco Pantaleo, giovane studente universitario, è scomparso da Pisa il 24 luglio ed il suo corpo è stato rinvenuto carbonizzato. Si è trattato di omicidio o di suicidio? Ecco perché per il momento non è possibile escludere nessuna pista. Ed ecco quali sono le uniche (poche) certezze che abbiamo.

Il mondo universitario è enorme, variegato. Un mondo in cui difficilmente ci si addentra perché non è facile raccontare chi non fa rumore. C’è una massa silenziosa, quella della gioventù, che in forma maggiore in pandemia, sta sperimentando un periodo complicato. Periodo che si fa più tangibile con numeri, fatti di cronaca e statistiche allarmanti. L’ultimo episodio in ordine di tempo è la scomparsa di Francesco Pantaleo, studente di origini siciliane che a Pisa, terra universitaria, frequentava la facoltà di ingegneria informatica. Di lui si sono perse le tracce sabato 24 luglio.

Un sabato estivo come tanti per gli studenti universitari, uno di quelli in cui si respira l’aria di fine sessione e il sopraggiungere delle agognate vacanze. Quel sabato, però, per Francesco avrebbe dovuto rappresentare ben altro. Una sorta di vigilia del traguardo. Stando ai racconti di amici e parenti, difatti, soltanto tre giorni dopo avrebbe dovuto discutere la sua tesi di laurea. Ma così non è stato. Non è stato perché il suo corpo è stato rinvenuto carbonizzato in una strada della campagna Pisana, nel Comune di San Giuliano Terme, già noto alle cronache per la scomparsa di Roberta Ragusa. Il ritrovamento del cadavere ha spiazzato gli inquirenti portando con sé un cambiamento di scenario rispetto alle prime indagini, quando si pensava che Francesco fosse caduto vittima della nube grigia e silenziosa della depressione.

A questo punto, però, le condizioni del rinvenimento aprono due differenti scenari. Si è trattato di omicidio o suicidio? Al momento, una sola certezza. Gli elementi al vaglio degli inquirenti sembrano supportare entrambe le ipotesi.

Perché suicidio

A prediligere la pista suicidiaria, c’è la comunicazione ai genitori di una data , quella del 27 luglio. Quel giorno, stando ai suoi racconti, Francesco avrebbe discusso la tesi ed indossato la corona d’alloro. Ma dai riscontri effettuati sul libretto elettronico non solo non risultava iscritto all’appello di laurea ma risultava anche molto lontano dal concludere gli esami.

A confortare questa pista, inoltre, c’è il riscontro per il quale Francesco, quando ancora veniva cercato come scomparso, avesse fatto di tutto per non lasciare sue tracce. Difatti, nell’appartamento che condivideva con altri studenti, sono stati ritrovati i suoi occhiali da vista, il portafogli comprensivo del bancomat, i documenti di identità e lo smartphone con il blocco inserito e con i servizi di geolocalizzazione disattivati. Il computer acquistato pochi mesi prima con tutti i file rimossi. Nessun biglietto né messaggio di addio.

Perché omicidio

Francesco viene descritto dagli amici come un ragazzo tranquillo. Descrizione, questa, che trova conforto sui profili social, che ne dipingono una personalità riservata, non adusa a raccontare ogni istante della propria vita come fanno i ragazzi della sua età. Ma allora perché avrebbe dovuto togliersi la vita? Forse per la vergogna di non aver concluso gli esami come preannunciato? Forse per il timore di deludere i genitori? Questi dati non sono sufficienti a sconfessare la pista dell’omicidio.

A supporto di quest’ultima, difatti, c’è anzitutto la scena del crimine. Il corpo esamine di Francesco è stato rinvenuto in Via Pescina, a San Martino a Ulmiano, frazione di San Giuliano Terme. Stradina di aperta campagna, che squarcia i campi di ulivi nel pisano. Poche abitazioni, poche persone. Uno spaccato di provincia che difficilmente è conosciuto dagli abitanti della città, figuriamoci da uno studente fuori sede. Ma sulla scena del ritrovamento mancano non soltanto i suoi documenti, rinvenuti nell’abitazione, ma anche tutti quelli che sono gli strumenti necessari ad appiccare il fuoco. Accendini, taniche di benzina e liquidi infiammabili.

Il corpo, attribuito a Pantaleo solo grazie alla comparazione genetica avvenuta in laboratorio, reca uno squarcio sotto il collo, presumibilmente riconducibile ad un’arma da taglio. Ma anche questo elemento non può ritenersi dirimente perché quando un corpo viene bruciato può presentare lacerazioni come conseguenza dell’azione del fuoco sui tessuti. Quindi, neppure il riscontro di simili ferite, è sufficiente a convincere che si tratti di omicidio.

Tutte le ipotesi, dunque, restano da verificare. Tirando le fila, ad oggi, le uniche certezze sono che la tac eseguita sul cadavere del ragazzo non ha permesso di far chiarezza sulle dinamiche della morte e che quando il corpo non era ancora stato attribuito a Francesco, l’ipotesi battuta dagli inquirenti era quella di un uomo ucciso e bruciato in un luogo sperduto per cancellare qualsiasi traccia. Ancora una volta, questa triste storia, fa emergere come, per risolvere casi di morte sospetta, sia necessario l’apporto di tutte le scienze forensi.