Il dramma della famiglia di Jessica, 45enne siciliana di Gela, era in lista d’attesa in 4 ospedali del Sud Italia
e, dopo diversi appelli per operarla, tante sono state le porte chiuse a causa del covid-19. La ragazza muore
a Napoli dopo l’intervento chirurgico costato 16.500. La famiglia: “Dolore atroce, vogliamo giustizia”
Jessica, 45 siciliana di Gela, era conosciuta in città perché si dedicata ai randagi, infatti aveva creato da
sola un ricovero per animali. Chiedeva aiuto alle istituzioni per poter mantenere il ricovero senza nessun
riscontro. Nel 2017 inizia il suo calvario, la ragazza ebbe un grave incidente in moto e, dopo qualche mese
l’intervento chirurgico, le è esplosa la laparocele, un’ernia che si forma sull’addome a seguito di un
intervento chirurgico tradizionale. A raccontare il dramma è papà Angelo, senza parole, con un filo di voce.
“Jessica era una ragazza che amava gli animali più di se stessa e amava la famiglia. Il calvario inizia nel
2017 dopo l’intervento chirurgico per salvarla dall’incidente stradale, dopo qualche mese incominciava a
gonfiarle la pancia a causa della laparocele. Ci siamo rivolti all’ospedale Garibaldi di Catania – continua
papà Angelo – e bisognava operarla attraverso una protesi di contenimento. Dopo l’intervento, sembrava
che andasse tutto bene ma la parte centrale della ferita era rimasta totalmente aperta e a breve era
diventata cosi nera con odori nauseabondi che è stata costretta a operarsi nuovamente. Il giorno dopo era
in setticemia – ha detto Angelo – ma lei, con tutte le sue forze, ha reagito e si è ripresa anche se è
riscoppiata la laparocele peggio di prima”.
Dall’ospedale di Caltanissetta a Catania, Palermo, Messina, poi l’intervento alla clinica privata di Napoli al
costo di 16.500 euro
L’appello di Angelo, padre di Jessica, ma nessun posto in Sicilia: in lista di attesa in 4 diverse strutture,
Jessica ha atteso per un anno e mezzo l’operazione. Non è bastato l’interessamento dell’Asp di
Caltanissetta: “Abbiamo dato la disponibilità per operare la laparocele – comunicavano dall’Asp- Ma prima bisogna intervenire per risolvere le complicanze che sono sopravvenute alla colonna vertebrale della donna, in quanto una protesi non permetterebbe di arrivare alla colonna e quindi di operarla”. Appello arrivato anche dal Comitato Consultivo Difesa Animali poiché “Jessica era in lista d’attesa per essere operata in tre ospedali del Sud d’Italia, ma nessuno l’ha chiamata, ha aiutato tanti esseri viventi di specie diverse dalla sua. Chi avrebbe mai detto che nessun essere vivente della sua stessa specie non le avrebbe teso una mano”. – ha scritto il comitato. Per la famiglia solo porte chiuse con la solita risposta: “i posti in Rianimazione sono occupati dai pazienti Covid”. L’unica porta aperta era quella di una clinica privata di Napoli, ma il costo era di 16.500 euro. “Arriva la chiamata da parte della clinica di Napoli – racconta Angelo, il padre di Jessica – finalmente la luce infondo al tunnel si riusciva a vedere. Dopo le varie visite di rito mia figlia mi disse con un sorriso:”Papà sto entrando in sala operatoria”. Dopo quasi 11 ore sono riuscito a vederla per l’ultima volta e mi ha salutato:”Ciao papà”.
Addio alla volontaria
Lo stesso primario che l’avrebbe operata alla clinica napoletana, ha eseguito l’intervento ma la situazione è precipitata due giorni dopo, portando alla morte Jessica. “Mi chiamano e mi precipito in ospedale con urgenza – ha raccontato Angelo – i medici mi comunicano che mia figlia è peggiorata:”la polmonite si è estesa nell’altro polmone colpendo i reni e il cuore”- mi dicono. Io ho cercato di informarmi – continua Angelo – di capire cosa stesse succedendo ma sembrava che l’infezione non si fermava e che stavano facendo l’ultimo tentativo per salvarle la vita. Dopo 9 ore mi comunicano che mia figlia è deceduta per un arresto cardiaco”. La tragedia di chiamare a casa e dire: “Jessica non c’è più” è stato così doloroso e infinito – conclude papà Angelo – il mio scopo è avere giustizia affinché non capitano più queste disavventure”.