Guerra in Ucraina, cosa succede se Putin chiude i rubinetti del gas in Europa

Guerra in Ucraina, cosa succede se Putin chiude i rubinetti del gas in Europa


Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, ci spiega quali soluzioni si prospettano per

l’Europa e per l’Italia, in vista di una riduzione delle fornitura di gas e petrolio dalla Russia.

Il presidente americano Biden ha annunciato il divieto di importazione per il petrolio e il gas russi. Gli Stati

Uniti hanno deciso di applicare nuove sanzioni a Mosca senza la partecipazione degli alleati europei,

colpendo anche le esportazioni di greggio e gas, che finora erano stati esclusi dalle contromisure adottate

delle potenze occidentali.

Poco prima dell’annuncio degli Usa il ministro all’Economia tedesco Robert Habeck ha lanciato un appello

all’Opec chiedendo di “aumentare la produzione di petrolio”, alla luce delle possibili ripercussioni sui flussi

di materie prime energetiche dalla Russia, flussi che potrebbero diminuire proprio a causa della guerra in

Ucraina. Quello dei Paesi dell’organizzazione per la produzione del petrolio sarebbe “un contributo di

allentamento del mercato”, ha affermato Habeck al termine di una riunione con i ministri per l’Energia dei

Laender. Secondo Habeck, la Germania “non seguirà gli Usa, né vi sono richieste in questo senso” da parte

dell’amministrazione di Joe Biden. Quali conseguenze potrebbero esserci per l’Italia?

Nell’ambito dell’Ue il nostro Paese, così come la Germania, è tra quelli più legati a Mosca per il gas.

Secondo i dati del ministro della Transizione ecologica Cingolani noi importiamo dalla Russia ogni anno

circa 29 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 40%. Per arrivare a svincolarci del tutto dalla Russia

potremmo metterci dai 24 ai 30 mesi. Ma per la fine della primavera è stato intanto messo a punto un piano

che prevede una sostituzione di 15-16 miliardi di metri cubi, che arriveranno da altri fornitori e non più da

Mosca. La formula magica non esiste, ma di soluzioni per renderci indipendenti dal Cremlino se ne stanno

studiando diverse.



Le proposte della Commissione Ue per far fronte alla crisi energetica
La Commissione europea ha presentato oggi una serie di proposte, contenute nella Comunicazione RePower EU, che includono l’obbligo di riempire al 90% le riserve di gas entro il primo ottobre di ogni anno (Oggi la media è del 25-30%). La proposta legislativa della Commissione arriverà ad aprile, ma gli Stati sono invitati ad “agire subito anche se il processo legislativo è in corso”.

Le proposte avanzate dall’Ue prevedono anche la possibilità di procedere a regolamentazioni dei prezzi e di tassare i profitti straordinari che i produttori di energia elettrica hanno realizzato grazie ai prezzi molto alti di questi mesi. La Commissione europea ha definito le condizioni alle quali il prelievo fiscale può essere usato per ridurre l’onere delle bollette dell’elettricità sui consumatori.

Del resto pochi giorni fa la commissaria Ue per l’energia Kadri Simson, aveva anticipato che “Ridurre la nostra dipendenza dal gas russo è un imperativo strategico per l’Ue”. Nel 2021 l’Europa ha importato dalla Russia 155 miliardi di metri cubi di gas naturale, pari a circa il 45% delle importazioni di gas dell’Ue e quasi il 40% del suo consumo totale di gas. Proprio per questo l’Iea (Agenzia Internazionale dell’Energia) ha proposto all’Unione Europea un piano in dieci punti, che permetterebbe in un solo anno di ridurre di un terzo, pari a 50 miliardi di metri cubi, le importazioni di gas russo.

Gianni Silvestrini: “È arrivato il momento di puntare sulle rinnovabili”
Secondo Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, il divieto di importazione di petrolio imposto negli Usa sarà un’arma efficace, perché il greggio potrà comunque essere reperito altrove: “Non è difficile trovare delle alternative al petrolio russo, perché ci sono molti Paesi che producono petrolio, di meno di quello che potrebbero, incluse alcune nazioni critiche, come Iran, Venezuela o Libia. Gli Stati Uniti potrebbero chiedere per esempio all’Arabia Saudita di aumentare la produzione”, ci ha detto.

“Se si parla di gas la situazione è completamente diversa rispetto al greggio. Per l’Europa, e in particolare per la Germania e per l’Italia, la situazione è davvero critica. Se si chiudessero i tubi di gas dalla Russia le riserve dell’Unione europea durerebbero fino all’estate”, ha detto Silvestrini.

“Questa guerra rappresenta per l’Europa uno shock incredibile: anche se il conflitto finisse domani l’Ue sa che non può più contare sul gas russo. Anche se fino ad ora questi flussi sono rimasti pressoché invariati. La questione soprattutto in Italia e Germania ruota attorno a questa domanda: come fare a riuscire gradualmente a ridurre le forniture dalla Russia? Tra le varie posizioni ce ne è una interessante, suggerita dal professor Pippo Ranci, che è stato presidente dell’Autorità per l’Energia. Secondo lui, visto che l’Europa paga una bolletta energetica alla Russia di quasi un miliardo di euro al giorno, si potrebbero tagliare del 100% le importazioni di gas e petrolio. Per quanto riguarda il gas si possono usare gli stoccaggi, che bastano ancora per qualche mese. Poi bisogna iniziare i razionamenti: bisognerebbe prepararsi a misure anche drastiche, chiedendo per esempio la riduzione della temperatura delle case e invitando i cittadini a consumare meno energia. Cosa che è già avvenuta durante la crisi legata al petrolio durante la guerra del Kippur del 1973. Ora non vedo nulla di tutto questo, ma sarebbe utile cominciare ad allertare la popolazione”, ha spiegato Silvestrini.

Oltre a questa strategia da mettere in campo ci sono tutte le soluzioni alternative, come il gasdotto dall’Algeria, e per questo il ministro Di Maio si è recato da poco con l’amministratore delegato di Eni proprio ad Algeri proprio per rafforzare la cooperazione energetica: “L’Algeria negli ultimi anni ha avuto un calo della produzione, e ha deciso di investire 40 miliardi di dollari per aumentare la produzione. Ma non lo potrà fare in pochi mesi – ha detto Silvestrini – Comunque da lì potrebbe arrivare una maggiore quantità di gas, così come dal gasdotto Tap. Anche se un eventuale raddoppio avrebbe tempi lunghi”. Non a caso il presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto un colloquio con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev.

“E poi c’è un terminal di gas naturale liquefatto a Porto Empedocle, della cui procedura per l’autorizzazione si parla da 10 anni. In una situazione di emergenza quello potrebbe diventare molto utile, nel giro di due anni. In questo caso si potrebbe fare un accordo di lungo termine con il Qatar. Anche gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno esportato gas liquido verso l’Europa. Ma la soluzione di cui sento parlare di meno è quella delle rinnovabili”.

“Pochi giorni fa Elettricità Futura, la principale associazione del mondo elettrico italiano, ha fatto una proposta, cioè arrivare a 60 GW di rinnovabili entro tre anni, si parla di 20 GW di solare ed eolico all’anno. In questo modo potremmo ridurre di circa la metà le importazioni di gas dalla Russia, e considerato che l’Italia produce circa il 5% del suo fabbisogno non sarebbe un contributo da poco”.

“Noi l’anno scorso abbiamo fatto, tra eolico e fotovoltaico, solo un gigawatt – ha aggiunto Silvestrini – Si sa che l’Italia sulle rinnovabili potrebbe fare moltissimo, perché Terna ha ricevuto richieste di allaccio pari a 150 GW. Significa che ci sono investitori che hanno già individuato il luogo in cui potrebbero installare gli impianti, prevalentemente fotovoltaici, in qualche caso anche eolici. Questi 150 GW sono molto di più di quelli previsti dal nuovo piano dell’esecutivo Draghi, cioè 58 GW di potenza rinnovabile entro il 2030. Quindi i 60 GW proposti da Elettricità Futura per i prossimi tre anni sono molto di più di quanto l’Italia si propone di fare nei prossimi 8 anni”. Cosa ci frena dunque, visto che investitori e imprese sembrano ben disposti verso le rinnovabili?

“Noi siamo in calma piatta praticamente dal 2014. In quell’anno la quantità di elettricità verde era il 39%. Nel 2021 è stata il 37%. Ci può essere qualche fluttuazione annuale, ma più o meno è rimasta la stessa. In pratica le Regioni e il governo hanno adottato una politica molto conservativa nel concedere le autorizzazioni, e quando queste vengono concesse spesso vengono bloccate dalle sovrintendenze, e a quel punto la pratica passa alla Presidenza del Consiglio. Ci sono 1000 MW eolici e 2000 MW fotovoltaici bloccati”. 

“Vista la situazione attuale, Italia ed Europa devono capire finalmente che la dipendenza dal gas come elemento di transizione verso le rinnovabili e verso la neutralità climatica era una pia illusione. Comunque andrà il conflitto è evidente che l’Europa, la Germania e l’Italia dovranno fare di tutto per ridurre la dipendenza energetica da Mosca. Già il prossimo inverno potrebbe diventare critico. Ma tutto questo si tradurrà in un’occasione per un’accelerazione verso la transizione energetica”.

“Puntare verso l’efficienza energetica”
“Oltre al fronte delle rinnovabili l’altro versante su cui si potrebbe molto lavorare è quello dell’efficienza energetica, per ridurre per esempio i consumi degli edifici – ha aggiunto Silvestrini – Non mi riferisco tanto a ciò che possiamo fare a livello individuale, abbassando il riscaldamento di un grado. Ma noi abbiamo un parco edilizio in Italia molto energivoro, la maggior parte degli edifici sono classe C o F, dei veri e propri colabrodi energetici. Riuscire a fare un’azione seria di deep renovation, riducendo i consumi del 60 o 70%, è una strada che avrebbe tempi più lunghi, ma potrebbe servire, considerato che normalmente in Italia riqualifichiamo solo l’1% dell’edilizia ogni anno. Anche se con il Superbonus abbiamo fatto un po’ di più. Ma dovremmo passare al 2% di superficie riqualificata all’anno”.