Stefano Lo Piccolo, il papà del piccolo Evan, il bimbo di un anno e mezzo morto all’ospedale di Modica, in
Sicilia, il 17 agosto 2020, a noi racconta, alla vigilia dell’udienza in Corte d’Assise di Letizia Spatola, di 24
anni
e il compagno Salvatore Blanco, 30enne, accusati di omicidio e maltrattamenti sul piccolo: “Devono avere
l’ergastolo, se avessero approfondito la situazione mio figlio sarebbe ancora vivo. Vorrei abbracciarlo, ho un
vuoto dentro”.
“Voglio che mio figlio abbia la pace e la giustizia che merita e che gli ha fatto del male resti in carcere per
tutta la vita”. A parlare è Stefano Lo Piccolo, il papà del piccolo Evan, il bimbo di un anno e mezzo morto
all’ospedale di Modica, in Sicilia, il 17 agosto 2020 in seguito alle percosse ricevute in casa. Il 27enne ha
raccontato a noi cosa successe quel giorno in cui il suo mondo è crollato, alla vigilia del ritorno in aula,
in programma domani, venerdì 1 ottobre, davanti alla Corte d’Assise di Siracusa di Letizia Spatola, di 24
anni, e del compagno Salvatore Blanco, 30enne, accusati di omicidio e maltrattamenti sul piccolo. I due
erano stati rinviati a giudizio lo scorso 29 luglio. Nel corso dell’udienza si costituiranno parte civile gli
avvocati Federica Tartara, che assiste il papà di Evan, e Loredana Calabrese, oltre alla crimonologa Anna
Vagli, che assiste gli zii paterni del piccolo.
Stefano, cosa si aspetta dall’udienza di domani?
“Vorrei che Letizia, la mamma di Evan rientri in carcere, perché non è possibile che dopo sei mesi lei sia agli
arresti domiciliari e possa fare quello che vuole. Una persona che non fa niente per salvare un bambino di
un anno e cinque mesi che le muore davanti agli occhi dovrebbe avere l’ergastolo, non si può neanche
definire madre. Anche Salvatore deve scontare una pena grossa per quello che hanno fatto a mio figlio”.
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Cosa ricorda del giorno in cui Evan è morto?
“Io mi ricordo che ero a Genova, sono partito e sono arrivato il giorno dopo a Rosolini. Ho visto mio figlio
nella camera mortuaria, abbiamo dovuto comprare i vestiti per il funerale e basta. L’ho visto conciato
malissimo, aveva una parte della faccia sfondata, costole rotte, spalla rotta, spina dorsale incrinata. Io
l’avevo visto un paio di mesi prima, lo avevo sentito tramite mia madre e mia sorella, anche Letizia mi
faceva delle videochiamate di nascosto dal suo compagno per farmelo vedere. Poi il nulla, anche perché mi
hanno minacciato dicendomi che se non davo un contributo economico il bambino sarebbe morto”.
Su alcuni giornali è trapelata la notizia di una denuncia sporta da lei nei confronti della sua ex compagna.
Conferma?
“Io non ho mai sporto denuncia, ma è successo che ho preso una coltellata alla gola otto mesi prima della
morte di Evan. Non ho mai voluto denunciare la mamma di mio figlio e mia ex compagna per il bene di
Evan, perché sapevo che sarebbe finito in una comunità. Ma sicuramente, con il senno del poi, sarebbe
rimasto in vita, questo poco ma sicuro. Ho sbagliato a non averlo tolto a lei. Una denuncia c’è stata in effetti
per maltrattamenti, ma a carico di ignoti. Solo che è arrivata in Procura il giorno dopo la morte di Evan, per
cui non hanno potuto far nulla. Se avessero fatto qualcosa, Evan a quest’ora sarebbe ancora vivo”.
Cosa chiede affinché sia fatta giustizia per suo figlio?
“Io non sto bene. Cerco di andare avanti, da solo, andando a lavorare e tenendo le giornate occupate. Non
voglio nient’altro che pace e giustizia per Evan. Quando avrà pace e giustizia, potrò sognarmelo anche la
notte. Lui mi dà la forza di andare avanti durante i giorni. A me manca mio figlio, vorrei abbracciarlo, mi
sento un vuoto dentro. Se non li condannano all’ergastolo o ad una pena importante vuol dire che non
vogliono andare avanti e tutto sarà stato vano”.