È morto a 91 anni Jean-Luc Godard.

CINEMA: GODARD 80 ANNI, MA OGGI FA 50 PER L’ULTIMO RESPIRO Il regista francese Jean-Luc Godard in una foto d’archivio. KGG/GUAY/ANSA

È morto a 91 anni Jean-Luc Godard. Regista, sceneggiatore, montatore e critico cinematografico francese, fra i più significativi registi della seconda metà del novecento e fra i principali esponenti della Nouvelle Vague, il movimento cinematografico che ha rivoluzionato il cinema alla fine degli anni ‘50 e ‘60. A dare la notizia il quotidiano parigino Libèration che lo ha definito «Un regista totale con mille vite e un’opera tanto prolifica». Secondo una fonte vicina al regista, citata dal sito online del quotidiano francese, è ricorso al suicidio assistito in Svizzera: «non era malato, era soltanto esausto. È stata una sua decisione, ed era importante per lui che si sapesse». In Svizzera, il suicidio è autorizzato per legge, dall’articolo 115 del codice penale, che risale al 1937.

La moglie, Anne-Marie Miéville e i produttori hanno confermato la morte a fine mattinata, spiegando che è «morto serenamente presso il suo domicilo, circondato dai propri cari», a Rolle, sulle rive del Lago Lemano. Godard da anni non si mostrava in pubblico, schivava le cerimonie ufficiali, non accompagnava i suoi film, evitava perfino di ritirare i premi.

Nato a Parigi il 3 dicembre 1930 in una ricca famiglia borghese protestante di origine svizzera: il padre era medico e la madre discendente da una famiglia di banchieri. Tra i più significativi autori cinematografici della seconda metà del Novecento, Godard si contraddistingue per la sua produzione attenta alle forme espressive e al contenuto ideologico. Si schiera contro il capitalismo e la cultura di massa ma, soprattutto, contro il cinema dei padri che attacca prima come critico, poi come cineasta e agitatore politico.

E’ morto Jean-Luc Godard: le scene più iconiche dei suoi capolavori

Dopo il liceo si iscrive alla Sorbona e segue i corsi di etnologia. All’università conosce i futuri registi François Truffaut, Eric Rohmer, Jaques Rivette e assieme a quest’ultimo fonda la “Gazette du cinéma”, sulla quale pubblica degli articoli sotto lo pseudonimo di Hans Lucas. È l’inizio della sua lunga attività prima come critico e poi come regista e sceneggiatore. Oltre 150 le sue opere tra film e video. Nel 1954 realizza il documentario Opération Beton sulla costruzione di una diga in Svizzera al quale seguono alcuni cortometraggi tra cui Tous le garçon s’appellent Patrick del 1957 e Une histoire d’eau del 1958. Nel 1959 dirige il primo film, Fino all’ultimo respiro, per il quale ottiene l’Orso d’Argento al Festival di Berlino. La pellicola diventa l’emblema della Nouvelle vague, che Rohmer, Louis Malle e Truffaut contribuiscono a far crescere. Nello stesso anno sposa l’attrice Anna Karina. 

Il trailer del capolavoro di Jean-Luc Godard “Fino all’ultimo respiro”

À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro) del 1961 con Jean Paul Belmondo e Jean Seberg, è stato un punto di riferimento per i giovani cineasti degli anni Sessanta, rappresentando un segno di demarcazione fra epoche e culture della storia del cinema. 

 Alla critica radicale del linguaggio cinematografico tradizionale, nei film successivi si unisce una sempre più consapevole critica dei valori sociali dominanti: Questa è la mia vita (1962); La donna è donna (1962); Les carabiniers (1963); Il disprezzo (1963), tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia; Una donna sposata (1964); Il bandito delle ore undici (1965); Il maschio e la femmina (1966); Una storia americana (1966); Due o tre cose che so di lei (1966).

A partire dal 1967 Godard si volge a un cinema più esplicitamente militante, sperimentando nuovi modi di

produzione e insieme di elaborazione estetica e ideologica: La cinese (1967); British

sound (1969); Pravda (1969); Lotte in Italia (1970); Crepa padrone, tutto va bene (1972). Liricità e ironia,

consapevolezza della crisi e una nuova sensibilità figurativa sembrano invece prevalere (pur nella fedeltà a

un’idea di cinema come rischio formale e ideale e a uno stile sempre innovativo e sperimentale) nei film

girati dalla fine degli anni Settanta: Si salvi chi può (1979); Prénom Carmen (1982); Je vous salue

Marie (1984); Détective (1985); “Nouvelle vague” (1990); “Germania nove zero” (1992).

Negli anni Novanta Godard prosegue la sua ricerca di nuove forme visive

realizzando Ahimè! (1993), Forever Mozart (1996). Ha riscritto, con un taglio critico, una personale storia

del cinema attraverso le immagini con Histoire(s) du cinéma (1998), L’origine du XXIème siècle (2000)

Pour une histoire du XXIème siècle (2000).

Più recentemente ha diretto: Éloge de l’amour (2001); Notre musique (2004); Vrai faux passeport (2006); il

cortometraggio Une catastrophe (2008); Film socialisme, (2010); Adieu au langage (2013, per il quale l’anno

successivo ha ricevuto il Premio della giuria al Festival di Cannes). Nel 2017 il suo collega Michel

Hazanavicius dirige Il mio Godard, opera biografica che racconta la relazione tra il maestro, interpretato da

Louis Garrel, e Anne Wiazemsky, nei panni di Stacy Martin. L’ultima sua pellicola è Le livre d’image (2018,

Palma d’oro speciale alla 71esima edizione del Festival di Cannes), una sorta di “film collage” dove si

riassume il pensiero godardiano.

Premiato con il Leone d’oro nel 1984 e l’Oscar alla carriera nel 2011, le sue opere sono state fonte di ispirazione per molti registi di Hollywood come Quentin Tarantino, il quale ha chiamato la sua casa di produzione come uno dei suoi primi film, Bande à part

Addio a Jean-Luc Godard, la scena indimenticabile della corsa nel museo del Louvre in “Bande à part”: il film che ha ispirato Tarantino e Bertolucci