Bidello pedofilo torna scuola e violenta un bambino. «Andava rimosso subito»

La Corte dei conti adesso chiede i danni a chi ha continuato a farlo lavorare

Roma, bidello pedofilo torna scuola e violenta un bambino. «Andava rimosso subito»

Era già stato condannato in passato per avere abusato di due bambini e i giudici erano stati categorici: non

avrebbe mai più dovuto lavorare a contatto con minori. Nonostante questo, quell’uomo era stato assunto

come bidello in una scuola elementare del centro di Roma. E proprio tra quei corridoi aveva colpito di

nuovo, abusando di un altro bimbo. Per questa vicenda, il Miur era stato condannato a risarcire con

228.257 euro la famiglia del piccolo e, ora, la stessa somma viene chiesta indietro non solo all’imputato,

ma anche all’allora dirigente dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio che, pur avendo a disposizione tutti i

dati per ricostruire il passato criminale dell’uomo, aveva inserito il suo nome nelle graduatorie del personale

Ata, consentendogli di trovare un nuovo posto di lavoro vietato. Per entrambi è stato disposto un atto di citazione in giudizio.

L’ASSALTO

Il bidello, per mesi, aveva tenuto d’occhio la sua preda: aveva guadagnato la fiducia del bambino facendogli

piccoli regali. Poi, era entrato in azione: lo aveva seguito in bagno e lo aveva molestato. Non una volta sola

. Ad accorgersi che qualcosa non andava era stata la madre del piccolo, che si era insospettita per gli stran

i atteggiamenti del figlio. Nel 2014 l’uomo è stato condannato a 6 anni di reclusione e all’interdizione in

perpetuo «da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate da minori», ha scritto il giudice.

Ma si tratta solo del primo step della vicenda. Dalle indagini, infatti, è emerso che l’uomo aveva diversi

precedenti: «Era stato già condannato in passato per reati di pedofilia, commessi sempre in servizio»,

annotano i magistrati contabili nell’atto di citazione. Nel 1991, infatti, aveva patteggiato una condanna a un

anno e 9 mesi di reclusione, con pena sospesa, per una violenza sessuale avvenuta sempre a scuola.

C’erano anche altri precedenti – violenza carnale, atti osceni, ratto a fine di libidine – per i quali il Tribunale di

sorveglianza di Napoli aveva concesso la riabilitazione. Ma ecco il dato più grave: nel 2005, il bidello aveva

abusato di una bambina in una scuola media romana. L’Ufficio scolastico regionale era stato informato «con lettera protocollata».

Quindi, scrivono i pm contabili, il dirigente «era a conoscenza di questo episodio». Di più: era stato lo stesso ufficio a presentare una denuncia in Procura e ad aprire un procedimento disciplinare. Per l’episodio del 2005 il bidello era stato condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione e «all’interdizione perpetua da qualsiasi incarico presso le scuole». Nonostante questo, sottolineano i pm, «ha continuato a lavorare nella scuola a stretto contatto con gli alunni». Nella domanda di aggiornamento alla graduatoria pubblica, nel 2008, il bidello non aveva risposto alla domanda sulle condanne penali pendenti, lasciando il modulo incompleto. Nel 2005, aveva dichiarato di essere incensurato.

Il problema, sottolineano i magistrati, è che nessuno ha controllato. E in questo modo «il dipendente pluricondannato ha potuto continuare ad avere incarichi dagli istituti scolastici». E ha colpito ancora. Nel 2014, con la nuova condanna, il giudice ha anche disposto il risarcimento del danno, quantificato in sede civile nel 2020: il Miur ha pagato in tutto 228.257 euro, soldi pubblici che adesso vengono chiesti indietro ai responsabili. La maggior parte del danno erariale viene contestata al bidello, ma, sottolineano i magistrati, «la responsabilità, in parte, deve essere attribuita anche all’Ufficio scolastico regionale» per «l’inserimento nelle graduatorie di un lavoratore che aveva denunciato e nei confronti del quale aveva già instaurato un procedimento disciplinare per pedofilia».

Sotto accusa è finito l’allora dirigente generale dell’Usr, che ha attribuito al bidello l’idoneità a essere assunto. I magistrati – coordinati dal procuratore Pio Silvestri – bacchettano anche «la carente organizzazione dell’ufficio»: per anni non sono stati fatti «controlli adeguati sui precedenti penali del personale Ata», con un evidente deficit nella tutela dei minori. Al collaboratore vengono addebitati i tre quarti del danno: 171.192 euro. Al dirigente vengono invece chiesti 28.532 euro. Una parte di colpa sarebbe anche del dirigente scolastico, che avrebbe potuto accertare l’esistenza di precedenti penali. Un’omissione che, però, è precedente l’introduzione della normativa specifica sui controlli dei precedenti da parte dei datori di lavoro per la protezione dei minori.
 

Fonte Il Messaggero.it