La battaglia di Hamed per salvare la sorella Zahra e centinaia di vite bloccate a Kabul

L’appello di Hamed Ahmadi, afgano naturalizzato veneziano, per salvare la sorella bloccata a Kabul è diventato un lucidissimo grido di aiuto per l’intera società civile italiana ed europea: non lasciate che un intero popolo scompaia eclissato dalla storia. Nel pomeriggio di mercoledì 18 agosto l’annuncio: “mia sorella Zahra è salva, ora resta un popolo intero”.

Arrivato in Italia, Hamed Ahmadi, aveva fondato una catena di ristoranti noti come Orient Experience, locali dove in molti casi trovavano lavoro rifugiati politici e richiedenti asilo. “La gente italiana ha già nel cuore la solidarietà, non serve spiegare loro cosa stia accadendo in Afghanistan”, spiega Hamed che non ha dormito per 72 ore e che ha passato intere giornate al telefono per salvare la sorella Zahra, bloccata a Kabul. “Bisogna che la politica italiana, da destra a sinistra, ci dia una mano”. Dopo intere giornate trascorse al telefono con il corpo diplomatico italiano, tedesco, inglese, nel pomeriggio di mercoledì 18 agosto, Zahra è riuscita a mettersi in salvo. Lo annuncia lo stesso Hamed dal suo profilo Facebook. “Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato e alla solidarietà del popolo italiano. Ora, non dimenticateci”.

Zahra era rimasta lì, a Kabul. Parla con il magone Hamed, “io sono cresciuto con i valori che l’occidente mi ha dato, la libertàl’università, la democrazia, l’emancipazione delle donne. Ora è come vedere un padre che pugnala il figlio, non mi spiego più niente. I Talebani dicono alla stampa che non faranno niente ma allo stesso tempo stanno stilando una lista di nomi e cognomi di persone scomode. Spero che mia sorella non venga trovata”.

Nessuno sa che cosa accadrà con queste liste. Anche Maria Khurasani, afgana anche lei – lavora nel ristorante di Hamed a Venezia – ha tutta la sua famiglia a Kabul: “le mie sorelle, mia madre i miei nipoti, stanno cercando un posto dove nascondersi in casa. Armadi, sottoscala, pavimento. Le mie nipotine sono disperate per non aver comprato il burqa ed ora sono in serio pericolo”. L’ultima volta che ha sentito la famiglia è venuta a sapere che i Talebani stavano parlando con il giardiniere del condominio dove vivono e stava indicando ai talebani le specifiche sulle famiglie che vivevano all’interno, “quanti adulti, quante donne, quante bambine, che lavoro svolgono, hanno voluto sapere tutto e poi hanno preso le batterie delle macchine”.

Descrivere a parole l’angoscia di una persona è una cosa impossibile da fare. L’angoscia di Hamed era drammatica. Lo sguardo di Maria perso nel vuoto. È la stessa angoscia che sua sorella e l’intero popolo afgano sta provando in questo momento.

Ponti umanitari subito per questo popolo”, pensa Hamed Ahmadi, “non facciamo sparire nel nulla un popolo”.